I giudici della Corte di Cassazione, attraverso la Sentenza n. 38260 del 16 settembre 2019, hanno stabilito che la società non risponde in solido per le sanzioni inflitte al manager che viola gli obblighi di sicurezza sul lavoro.
Eccezione viene fatta per i casi in cui la stessa sia responsabile di illeciti amministrativi secondo quanto stabilito dal D.Lgs 231/2001 (omicidio colposo o lesioni gravissime del lavoratore), chiarendo che “in materia penale – in relazione alla quale la responsabilità è personale -, l’ente (datore di lavoro) non può rispondere penalmente delle contravvenzioni commesse dal proprio legale rappresentante o dipendente, salvo non ricorrano i presupposti per la responsabilità “amministrativa” derivante da reato ai sensi del d.lgs 8 giugno 2001, n. 231 (segnatamente ex art. 25-septies, per omicidio o lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro).
La persona giuridica può invece essere chiamata a rispondere sul piano civile delle conseguenze pregiudizievoli provocate dal proprio addetto in forza della previsione dell’art. 2049 cod. civ., che contempla espressamente la responsabilità – per fatto altrui – del datore di lavoro per i danni cagionati dai propri dipendenti nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.
Gli Ermellini hanno così respinto il ricorso della dirigente di una società in house di un Comune avverso la confisca dei propri beni personali. La manager era stata condannata per peculato.