Anche per le malattie professionali si è assistito ad un ampliamento giurisprudenziale dell’ambito di tutela a quelle patologie connesse al fatto oggettivo dell’esecuzione di un lavoro all’interno di un determinato ambiente.
Nel medesimo solco si inserisce la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 31514 del 25.10.2022 che ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso di un lavoratore contro la sentenza della Corte di merito di Perugia che, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva negato il diritto all’indennizzo nei confronti dell’INAIL per il disturbo post-traumatico da stress cronico con depressione e ansia miste, conseguente all’azione di mobbing messa in atto dal datore di lavoro.
Si riportano di seguito le motivazioni addotte dalla Corte di legittimità che riecheggiano precedenti giurisprudenziali recenti: “Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, questa Corte ha affermato che la malattia professionale è indennizzabile ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000 art. 13 anche quando non sia contratta in seguito a specifiche lavorazioni, ma derivi dall’organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di esplicazione. Così, ad esempio, è stato riconosciuto l’indennizzo al lavoratore che aveva contratto malattia professionale dovuta allo stress subito per le eccessive ore di lavoro straordinario chieste dal datore di lavoro (Cass. 5066/18). Ancora, è stato riconosciuto l’indennizzo del D.Lgs. n. 38 del 2000 art. 13 al lavoratore affetto da patologia psichica dovuta alle vessazioni subite dal proprio datore di lavoro (Cass. 8948/20).
Ciò che importa è che la malattia derivi dal fatto oggettivo dell’esecuzione della prestazione in un determinato ambiente di lavoro, seppur non sia specifica conseguenza dalla prestazione lavorativa. Rientra nel rischio assicurato dall’art. 1, richiamato poi dall’art. 3 D.P.R. n. 1124 del 1965, non solo il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il rischio collegato con la prestazione lavorativa”.
Tale posizione ermeneutica ha consentito di sostenere che, nell’ambito del sistema dell’assicurazione sociale, debbano ritenersi indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile latu sensu al lavoro, sia che esse riguardino la lavorazione, l’organizzazione del lavoro o le modalità della sua esplicazione.
Dunque, secondo la recente evoluzione giurisprudenziale, nessun dubbio potrebbe mai sorgere circa la piena copertura assicurativa della patologia causalmente riconducibile a condotte mobbizzanti.
Ne consegue che appare più aderente al dettato normativo ed ai principi costituzionali quell’orientamento recente che ha sostenuto un’interpretazione estensiva del perimetro della tutela assicurativa, includendovi ogni danno provocato dal lavoro in senso lato e, quindi, anche dall’ambiente lavorativo.
In conclusione, l’evoluzione del sistema delle tutele porta a sancire il definitivo distacco dell’assicurazione sociale dalla nozione di rischio assicurato perseguendo piuttosto lo scopo di garantire – in linea con un’interpretazione dell’art. 38, comma 2, coordinata con l’art. 32 della Costituzione – una piena tutela dei lavoratori.
A cura dell’avv.to E. Pagliaro – Centro Studi CNAI